#5 - Il mito

IL SALTO DI MARUZZA

Precipizio Sauto ri Maruzza
Una delle leggende più diffuse è quella legata a una rupe posta a picco sulla Cava Grande, in dialetto “u sautu ri Maruzza”, a mezza costa della quale scorre un fiume d’acqua dolce, limpida, fresca, detto “a funtana ri Maruzza”. Ma chi era Maruzza? La protagonista di questa storia era una giovane montagnola, figlia di cumpare Currau. Aveva quasi vent’anni e ogni giorno all’alba faceva pascolare il gregge tenendo in mano il suo agnellino preferito. Era follemente innamorata di Peppi, figlio di cumpari Carmine e desiderava ardentemente diventare sua moglie. Peppi ricambiava il sentimento e siccome non aveva denaro andò a cercarlo altrove così da potersi stabilire con lei e sposarsi. Tuttavia, mentre Peppi era in viaggio, il padre della ragazza notò che Giovanni, il mugnaio, oltre ad avere casa aveva anche del terreno e visto che tale Giovanni voleva sposarsi, contro la volontà di Maruzza, i due si sposarono. Passò poco più di un anno quando a casa di Maruzza apparve Peppi, tornato con abbastanza denaro per sposarsi ma capì subito che il suo amore si era già sposato. Così i due si diedero un lungo bacio e Peppi scappò via. Nel frattempo Giovanni era tornato e dopo aver visto la scena, decise di non perdonare. L’indomani organizzò una gita a Cavagrande e arrivati nel punto più ripido e pericoloso chiese a Maruzza se vedeva la fine, perché quella sarebbe stata il suo letto di morte e quindi, per il tradimento subito, senza rimpianti la buttò giu.
La leggenda venne scritta per la prima volta da Gaetano Apollo Gubernale, scrittore del '900, poi fu ripresa da Sebastiano Burgaretta in L'opera dell'uomo a Cava Grande del Cassibile e infine nel 2014 nacque una sua rappresentazione teatrale.


SANTA VENERA

Narrano gli agiografi che da Agatone e Ippolita (o Politia), verso l’anno 100 di Cristo, nacque Venera nella città che attualmente prende il nome di Acireale. La religione cristiana era stata introdotta da quasi mezzo secolo in Sicilia.
Venera crebbe educata al culto divino
 e, morti i genitori, cominciò a dedicarsi alla predicazione del Vangelo. Percorse quindi tutta la Sicilia fino a giungere nell’antica  Ibla Maggiore, l'attuale Avola, abitando in una grotta (cripta) che divenne oggetto di culto speciali dei nostri antenati e accanto alla quale sorse poi una Chiesa. Lasciando dovunque andasse un buon ricordo passò nella Magna Grecia, cioè Calabria, Basilicata e Puglie. Indirizzandosi quindi verso la provincia Romana entrò in una città, forse Avellino, dove governava il Prefetto Antonio; questi fu informato dai pagani della missione di Venera  verso la nuova fede, perciò la fece condannare ad avere posta sul capo una celata di ferro rovente, ma questa si raffreddò, questo fu il primo miracolo.
Maggiormente irritato il tiranno ordinò che fosse legata con delle catene e ricondotta in un carcere; ma diversi angeli nella notte la slegarono e la confortarono a partire per Gesù.
Chiesa Santa Venera - Avola 
Avvertito il Prefetto di quello che era avvenuto nel carcere, questi  ordinò che fosse crocifissa e che poi venisse flagellata e quindi fu sottoposta al peso di una grossa pietra sul suo gracile corpo. Ma anche stavolta un angelo con la punta della spada le tolse l’enorme peso da dosso, e poi le staccò i chiodi dalle mani e dai piedi. Vedendo l'ennesimo miracolo il popolo si convinse della santità della missione di Venera e iniziò pian piano a convertirsi. Ciò irritò notevolmente Antonio, il quale ordinò che fosse posta in una grande caldaia dove fossero fatti bollire insieme pece, zolfo ed olio. Fu eseguita la sentenza e Venera però rimase imperterrita. Il prefetto Antonio, ormai incredulo, volle sincerarsi personalmente che quelle materie bollissero ma non potè avvicinarsi troppo per il grande calore. Fu allora che il tiranno, inginocchiandosi e supplicando con rotti pianti, promise di farsi cristiano. La Santa, scese dalla caldaia e si avvicinò al prefetto per passargli un pò di saliva sugli occhi, ridonandogli la vista.
Venera continuò a diffondere il cristianesimo in altre città greche, finché, giunta nella Gallia Cisalpina fu fatta decapitare da un tiranno. Mentre l'esecuzione era in atto e Venera pronunciava un'ultima preghiera, si udì un forte terremoto e tutti gli abitanti caddero a terra. Il corpo fu salvato e le reliquie divise in alcune delle città più importanti della vita della Santa, tra cui appunto Avola dove visse per un lungo periodo all'interno di una grotta.
La leggenda fu raccolta dai vari breviari e martirologi dall’avolese P. Bernardino Tiralongo Donzella.
Nel 1647 fu proclamata solennemente Santa patrona del paese e per diversi secoli la festa fu regolarmente celebrata il 26 luglio, ma dal 1900 in poi fu trasferita all’ultima domenica di luglio.

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