#3 - Un libro

Giallo d'Avola



AUTORE: 
Paolo Di Stefano, nato ad Avola nel 1956, é un inviato del "Corriere della sera". Nella sua vita ha pubblicato inchieste e romanzi, vincitori di alcuni premi. Con la casa editrice Sellerio editore Palermo, nel 2013 scrive Giallo d'Avola, un romanzo thriller su uno dei misteri d'Italia: il caso Gallo, il morto vivente.

TRAMA:
Avola, 6 ottobre 1954. In una masseria di montagna, ricca di non pochi terreni e armenti, convivono le famiglie di Salvatore e Paolo Gallo, fratelli. Si odiano quotidianamente e non perdono occasione per iniziare liti ripetute che coinvolgono mogli e figli, solo per futili motivi di rancore e dispetto, solo i vicini riuscivano a calmare gli animi. In un giorno di lavoro come gli altri, Paolo sparisce. Restano di lui un basco e qualche macchia di sangue sul terreno. Ciò che desta più di tutti sospetto sono le tracce di sangue trovate a casa del fratello Salvatore. L’incriminazione a questo punto è facile: la galera pronta per Salvatore e suo figlio Sebastiano, analfabeti e in più confusi. Intervengono a loro difesa due avvocati, i due principi del foro di Siracusa, i quali vogliono dimostrare che Paolo è scomparso volontariamente e la moglie ha inscenato un omicidio per non si sai quale motivo.
Si apre così un legal thriller in terra contadina, il tutto è caratterizzato da processi ma soprattutto amori e inganni, emigrazioni e ritorni. Centinaia furono gli indizi raccolti e falsificati da una parte e dall’altra, testimonianze e avvistamenti acclarati e smentiti di volta in volta, a tratti sembrava avere ragione la versione degli avvocati difensori, altre volte tutto portava a un omicidio. Vana fu pure la testimonianza di due mediatori di cavalli, i quali giurarono di aver visto Paolo sano e salvo, ma la Corte d'assise di Siracusa li fece arrestare e li condannò per falsa testimonianza. Dopo sette anni fu grazie ad un’inchiesta del giornalista Enzo Asciolla che si riuscì a scovare, il 7 ottobre del 1961, il “morto” Paolo Gallo, alla periferia di Ispica, nel ragusano. La notizia fece il giro del mondo e la giustizia italiana si trovò a dover risolvere un caso mai accaduto prima: un uomo chiuso in cella all’ergastolo per omicidio mentre il “morto” era in stato di fermo nella stazione dei carabinieri. Questo caso fu molto importante per il codice penale italiano in quanto rese inevitabile una sua modifica, per consentire alla Corte d’assise d’appello di Palermo, di avviare il processo di revisione per Salvatore Gallo.
Anni dopo il “morto” raccontò che Salvatore Gallo, appena uscito dal carcere «mi picchiò di nuovo e continuò a farmi dispetti», senza mai morire però, nemmeno apparentemente.

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